30/10/11

LA LUSSURIA 3° di Leonardo Mazza

  Ebbene, questo è il terzo vizio capitale, la lussuria, ancora grazie a Mariella, la mia compagna, che riesce a sorprendermi spesso, forse anche per questo gli voglio tanto bene.              

 " LA  LUSSURIA"

Qual arabo destrier, che a briglia sciolta
   Scorrendo i campi, sparsa la criniera,
   Non più del cavalier la voce ascolta,
Veggo la gioventùde ardita e fiera
   Scorrere i campi d' impudico amore
   Con in volto la benda, o la visiera ;
E da errore correndo in altro errore
   Arrogante, la veggio, e baldanzosa
   Tentar di caste donne il disonore.
Quella, che veggio molto ardimentosa
   Donna all'aureo scarmigliato crine,
   Dall' occhio azzurro e volto di una rosa ;
Mille condurre a disperato fine
   Giovani sconsigliati, a cui soltanto
   Piace lo sguardo d' ingannevol Frine .
Chi è mai ? La voce sua somigli ' al canto
   Delle tre vaghe incantatrici dive .
   Che di sprezzare Uliss' ebbesi il vanto,
Quando giungendo alle funeste rive,
   Ai suoi compagni, nel fatal periglio,
   Ei fè le orecchie dell' udito prive :
Lussuria è dessa ; il cui possente artiglio
   Tutti a sè tira quei, la cui ragione
   Offusca della Dea di Guido il figlio .
Se con ragione Amor viene a tenzone,
   Quella è già vinta, ed avvilita giace
   Sommessa al suo talento e passione;
Chè dove di lussuria arde la face
   Regnan capricci, inganni, e furberia,
   E un cuor corrotto in sè non ha mai pace .
Chi veggio camminar lungo la via
   Dei Lupanar' infami, ove in sozzura
   Mena una vita vergognosa e ria ?
Quegli, cui di lussuria la lordura
   Imbratta il cuore, simile ad un bruto,
   Che di vil fango cuopre la bruttura .
Vedi quel giovinetto andar perduto
   Dietro le tracce di una donna imbelle,
   Da cui dipende stupefatto e muto ?
Osservalo adorar due luci belle,
   E nel delirio suo, nei suoi tormenti
   Narrar le pene sue anco alle stelle .
Lo vedi esposto alle pioggie, ai venti ;
   E per l' orme seguir della sua amata
   Sprezzare i geli, e i raggii più cocenti
Come colomba dal desio chiamata
   Ved ' giuliv ' andar quella fanciulla,
   Che da mille amator viene adorata :
Ella di tutti ride, e si trastulla,
   E mentre oggi ad un sol porge la mano,
   Diman lo immerge in disperato nulla :
Onde il suo cor non è che un teatro arcano :
   E quei, che ciecamente a lui si affida
   Per discoprirne il ver fatica invano .
E' un pregio della donna esser infida,
   Ed il suo cuore offrire a mille amanti,
   Onde un pazzo è quell' uom, che in lei si fida .
Andate, o cicisbei vili e tremanti
   Alle fanciulle tutte a far la corte,
   Con gemiti, sospiri, e tristi pianti .
Sono così possenti le ritorte,
   Con cui son tutti i vostri cuori avvinti,
   Che scioglier li potrà solo la morte .
Rassomigliate a quei, che già sospinti
   Nell' isola di Circe, ammaliati
   Furono tutti, in vili porci finti .
Giovani guardo, e vecchi affascinati
   Da due begli occhi, o da purpuree gote
   Girovagando andar come impazziti .
V' ha chi le pene sue fa chiare, e note
   Ad una vecchia, schifiltosa e brutta,
   Pel desiderio di una pingue dote :
Ed ella il crede, e si abbellisce tutta
   Come fanciulla nella verd ' etade,
   E la canizie sua crede distrutta .
Ed un canuto vecchio alla beltade
   Vedi, di ardita vaga giovinetta,
   Fare la corte, ed implorar pietade :
Lo accoglie sorridento la furbetta,
   E dopo avergl' in sen sparso il veleno
   Di un cieco amor, superba lo rigetta .
Vedi quell' altro perdere il sereno
   Del suo bel volto, e un cuor sentimentale
   Quindi affettar, con la speranza in seno
D' esser' amato da colei, la quale
   Egli soltanto in suo pensiero adora
   Senza svelarle l' amoroso male .
Ecco venir quell' altro con sonora
   Voce, a vantarsi degli amplessi, e baci
   Di donna bella, come vag' aurora :
E a lei la stima con i suoi mordaci
   Detti macchiar, senza che mai la onesta
   Donn' ascoltato avesse i sensi audaci !
Dell' ideale amante, il qual calpesta
   L' onore altrui, per comparir galante,
   E alzar fra i cicisbei fiero la testa .
Chi mai nell' osservar sì fatte, e tante
   Comiche scene riterebbe il riso
   In faccia un amator così furfante ?
Quegli, che porta la baldanza in viso,
   E un cuor vigliacco dentro il sen rinserra,
   Sprezzato è delle donne, oppur deriso .
E quegli poi che abbassa infino a terra
   L' umile fronte, e prega, e piange e geme
   Ha del sesso gentil più dura guerra .
Esso lo incalza, lo malmena e preme,
   Finchè lo spinge a rie stranezze vili,
   Che di delitti son funesto seme .
Tremate adunque, o cicisbei gentili,
   Quando alle donne troppo vi affidate
   Con modi ora superbi, ed ora umìli ;
Chè quando voi di amor più vi beate,
   Di gelosia vi rode orribil tosco,
   Onde nell' odio dall' amor passate .
Però molti amatori ancor conosco
   Che gelosia non hanno, e per vedere
   Nel cuor di loro donne il guardo han losco :
Non vogliono d' inganni essi temere,
   E credono che sia sola infedele
   Quella, che veggono in bordel sedere .
Vana lusinga ! Il ritrovar fedele
   Un cuor di donna è mal tentata impresa ;
   Ma quel dell' uomo ancor spesso è crudele !
Quella, che veggio andar sempre alla Chiesa,
   E frequentando ancor la penitenza,
   La veggio a piè del sacro altar prostesa .
Ha di lussuria vinto la potenza ?
   O d' amorosa fiamma un sol desio
   Non le rimorde in sen la sua coscienza ?
Nol so.... Quel confessor, che fa di un Dio
   Quaggiù le veci, al cuor della innocente
   Disvela un suo pensier malvaggio e rio ?
Egli la forza di lussuria sente ?
   Sollecita, corrompe, alletta, inganna ?
   Ha un cuor di sacerdote, o di serpente ?
Nol so.... Ma gli occhi di ragione appanna
   Amor, che a nullo amato amar perdona .
   E ovunque impera da superba scranna .
A lui ciascuno il cuor cieco abbandona ;
   Per lui profuma ognun la bianca chioma,
   E tra vergogna, e onor dubbio tenzona .
L' alma di ognun da passioni è doma ;
   Nè v' ha chi possa dir con volto ardito
   Da non portar di colpe orribil soma .
Siegue la capra il citiso fiorito,
   Siegue l' agnello il lupo, e ancor ciascuno
   Siegue del cor l' istinto, e l' appetito .
Dunque dobbiam' odiar dirà qualcuno
   Le donne, e star com' apati o macigni,
   Che in sè non hanno sentimento alcuno ?
No ! Il far verso le donne i visi arcigni
   E' un gran delitto, ma peggior è il danno
   Se noi saremo in lor troppo benigni .
Son degni di biasmo quei, che fanno
   A somiglianza ormai dei cagnolini,
   Che dietro al cibo ghiotti se ne vanno .
Lo sono ancora quei, che i damerini
   Fanno dei trivii, pei quatrivii e poi
   Vendon ciarle senza aver quattrini .
Degno di biasmo e quel, che i giorni suoi
   Passa fra i sozz' immondi lupanari
   Con tutti gli altri effeminati eroi :
E poco bada a disbrigar gli affari
   Di sua famiglia : oppur del suo maestro
   Non ode i cenni, e fugge gli scolari .
Questo dei cicisbei studenti è l' estro :
   Viver nel fango d' impudici amori,
   E i libri aprire allor che n' hanno il destro ;
Onde gli vedi giungere agli onori
   Del dottorato delle bestie, e dopo
   Mieter venerei vergognosi allori,
Unica meta, ed onorevol scopo !
 

26/10/11

Frutti...invernali!..

Quanto la stagione cambia e i frutti prodotti dagli alberi finiscono, solo alcuni restano per aiutare gli animali a sopravvivere durante il lungo inverno. Questo, nella foto, è uno dei tanti, ma non ne conosciamo il nome, di certo non è una pianta molto conosciuta. Se vi incuriosisce provate a rispondere, abbiamo fotografato l'albero intero (nelle foto:" Ottrobre luci e colori.."). Molti colleghi blogger partecipano a premi e gare per farsi votare, noi abbiamo scelto una linea diversa, e cioè quella della condivisione senza secondi fini..., liberi di essere chiari e non avere vincoli o pubblicità, per pochi millesimi di euro, non abbiamo velleità di sorta, non cerchiamo la gloria, non siamo degli eroi, non siamo dei briganti (vorremmo esserlo), non ci sentiamo i detentori della verità.... ma alcune cose vanno dette, scandagliate, anche in maniera certosina, per poter comprendere e approfondire le nostre conoscenze. La politica, come ogni pezzo che compone la società, ha bisogno di pulizia mentale, chiarezza negli obiettivi, tenacia nel perseverare, quando il caso lo richiede, fiduciosi ed entusiasti per operare secondo scienza e coscienza, e non avendo al primo posto il guadagno fine a se stesso, che può, si arricchirci economicamente, ma inpoverirci dal lato umano. Vorremmo, per questo e tanto altro, condividere con voi una poesia in dialetto calabrese, che a noi è molto cara. 

                                                            RICCHIZZA E PPEZZENTIA


'Un ti cridìre ca si ffattu riccu,
mo chi ti vidi quattru sordi e parte;
'un sù lli sordi chi fanu 'a ricchizza,
ca chissa ccu lli sordi nun s'accatte.
I sordi chi t'ha fattu sù mmunnizze
ch'eddunne sù benute si nni vanu
lassannute kjù povaru e cum'ere:
povaru e kore, povaru e penzieri,
povaru e 'na ricchizza ch'un canusci
e cch'è chiamata Donna Gentilizza.

                                                      E. Benincasa
                                Tratta da:"Liriche in vernacolo calabrese" Edito da Pellegrini 1981
                                  

23/10/11

L' AVARIZIA 2°

            
     Questo è il secondo dei vizi capitali di Leonardo Mazza, visto l'interesse suscitato, continuiamo a pubblicare per portare a conoscenza di tanti, questi capolavori, ancora grazie alla mia compagna,Mariella, che ha ricopiato il testo...con tanta pazienza.......     buona lettura.

   L'AVARIZIA   

Qual coccodrillo ingordo, il quale infetta
   Con l'alito pestifero le sponde
   Del Nilo egizio, e la sua preda aspetta,
Su cui non sazia le sue sanne immonde;
   E dopo aver succhiato il sangue tutto
   Piange sovr' essa ; e ancor più sitibonde
Volge altrove le brame, e morte e lutto
   Lascia nei luoghi, ove le tracce imprime
   Del suo funest' orror, mostrossi brutto :
Tale un mostro è quaggiù, che molti opprime
   Degli uomini, cui giunge il suo fatale
   Alito, e i moti d'onestà reprime..
E' l'avarizia ingorda ! orribil male
   Che tutto infetta dei viventi il core,
   Ed obbliar gli fa di esser mortali.
Vedi colà quell'uom con quanto ardore
   Suda,  e fatica, onde acquistar tesoro
   E bearsi del suo falso splendore?
E' desso un vile avaro, a cui martoro
   Son le ricchezze sue, forse acquistate
   Della virtù con onta, e con disdoro.
V' ha chi di sangue uman forse bagnate
   Porta le mani, onde acquistar ricchezze
   Anco all' orrore dei delitti amate.
Chi d' impudico amore alle carezze
   Cede, e non cura onor, onde acquistare
   Beni, di cui son vane le dolcezze
V' ha chi si mette in pubblico a rubare
   O con la forza, o con gl' inganni, e veggio
   Dell' indigente il sangue, ahimè ! succhiare.
Mille furfanti a lui fanno corteggio,
   E ovunque passa, lascia la ruina
   Di sui delitti, d' ingiustizie, e peggio.
V' ha chi ricuopre sordita rapina
   Col nero vel di farsa ipocrisia,
   Onde ingannare la bontà divina.
Il veggio frequentar l' Eucarestia,
   E nei Delùbri andar da mane a sera
   Cantando e paternostri, e avemaria ;
Con torto il collo, ed umile la ciera,
   Il veggio andar mostrando una pietade,
   Che non so dir se sia fallace, o vera :
E' desso un sozzo avaro, il qual bontade
   Affetta, e con parole, e nello esterno ;
   Ma orribil chiude in sen malignitade.
Se di questi nel cor guardo, e discerno,
   Veggio, che di umiltà sotto lo aspetto
   Si nascondono,  ahimè ! furie d' inferno,
Sol dominate dal possente affetto
   Dell' avarizia, che le fa crudeli
   Contro sè stesse, lacerando il petto.
Ed imitando ancor degl' infedeli
   Ebrei l' oprato, fanno che l' usura
   Sotto aspetto del ben ella si celi.
Vedi colui che affetta di aver cura
   Degl' indigenti, e sollevarli mostra
   Nella miseria opur nella sventura?
Egli è l' obrobrio della stirpe nostra !
   E' desso un usuraio, un crudo avaro,
   Che innanzi all' oro le ginocchia prostra.
Ei presta i suoi favori a prezzo caro
   E il dar per cento il cento, e peggio ancora,
   Alla coscienza sua non è discaro.
E' l' avarizia un verme, che martora
   Il cuor di quei, che credono, ignoranti !
   Eterna esser quaggiù la lor dimora :
Onde li vedi or vili, or petulanti
   Andar sempre cercand' oro ed argento,
   E farne i loro Numi, e i loro Santi.
Nello splendor dell' oro hanno il contento,
   E ritenendol chiuso entro lo scrigno,
   Vivono in grembo a vergognoso stento.
Con abito sudicio, e viso arcigno,
   Li veggio camminar lungo la via ;
   Nè ad essi volge un uom guardo benigno.
Maledetta da Dio vile genia !
   Sei di te stessa capital nemica,
   E meni vita vergognosa , e ria !
Con fronte baldanzosa ed impudica
   Vanti ricchezze , in acquistar le quali
   Tu la colpa soltanto avesti amica !
Vane lusinghe ! Ormai siete mortali,
   E le ricchezze ancor con voi morranno,
   Tristi avari cagion dei vostri mali !
Veggio di quelli ancor, che in alto stanno
   Dall' avarizia infetti andar frugando
   Gli scrigni altrui con ansia, e con affanno ;
E alla giustizia ormai donando il bando .
   Vendon le leggi al ricco baldanzoso
   Con sacrilegio, ahimè ! troppo nefando .
Vi sono anco di quei, che vergognoso
   Traffico fanno delle cose sante,
   Offrendolo a quel ricco burbanzoso :
Onde un malvaggio vedi, ed un furfante
   Nel tempio del Signor, già profanato,
   Lasciar le tracce delle infami piante .
E far delle coscienze altrui mercato,
   Offrendo agl' ignoranti a larga mano
   Cose, che il darle, a Dio è riservato .
Meglio se taccio ; chè il dolermi è vano ;
   Quando avarizia insuperbita, e forte
   In ogni luogo ha posto il piè profano .
Ecco albergar la veggo entro la Corte,
   E dal superb' ostello alla capanna,
   Spander la peste sua peggio che morte .
La veggio in sagrestia sedere a scranna,
   Leggi dettare a frati e sacerdoti,
   Ognun dei quali ad acquistar si affanna .
E sol dell' oro, ahimè ! fatti devoti,
   Pensano sempre ad arricchir l' altare
   Con pingui ereditadi, ed altre doti .
Questi, perchè non vogliono imitare
   La povertà di un Dio, maestro e duce,
   Che volle a tutti l' umiltà mostrare ?
Perchè li abbaglia più la falsa luce
   Dell' oro, e dell' argento, e non la face
   Che su l' altar di Dio chiara riluce .
Ch' è l' avarizia un mal seppe l' audace
   Perseo di Pidna sotto la muraglia,
   Dopo che a Genzio disturbò la pace .
Sergio, Caton, Lucullo, e la ciurmaglia
   Degli altri avari sordida e meschina
   Seppero quanto l' avarizia vaglia :
E il seppe quel dottor di medicina,
   Che per empir la borsa di danari,
   Di un Parroco sposò la concubina .
Sappiate ormai, che a Dio soltanti cari
   Son gl' indigenti, a cui largisce il bene,
   E i ricchi annega in agitati mari,
Ove dei lor delitti hanno le pene .

21/10/11

Politica e follia...Uomo e follia



Abbiamo voluto porre il problema dei pscofarmaci, per cercare una nesso tra politica e follia, tra benessere e follia, tra potere e follia, tra sentimento e follia, e ancora tra il tempo e il vivere. Abbiamo attentamente analizzato questi campi scandagliando tutto, o quasi, e la risposta è stata:" Esite il nesso tra alterazioni pischiche e mutamenti...... economici, sentimentali e chi più ne ha più ne metta, stà di fatto che quando avviene un mutamento.... può cambira tanto.. forse tutto. Noi abbiamo preso in esame cosa può comportare avere il potere, ad esempio, ebbene tanto,forse non si conoscono alcuni meccanismi di mercato, che non guardano il sentimento umano, forse si dovrebbe porre fine a tutto ciò. C'è la necessità di mutare questo modo di essere, anzi è indispensabile che il genere umano valuti attentamente le conseguenze di alcune azioni che potrebbero, irrimediabilmente, essere compromesse e ognuno di noi divenire un semplice numero... meditate gente.... meditate.!               Che cos'è la follia?

Credo che esistano due concetti nettamente distinti dì follia.
Uno è orientato alla società, l'altro lo definirei orientato all'individuo.
Nel concetto di follia legato alla società, specie nelle letterature moderne,il matto è colui che è più cosciente delle convenzioni e dell’assurdità della vita borghese (Pirandello "Uno,nessuno e centomila"). Quindi,nel concetto dì salute psichica orientata alla società, l'uomo è sano quando è all’altezza dei compiti che la società gli assegna, ovvero quando funziona in modo conforme ai bisogni di una data società.
Il concetto umanistico, invece, sì distingue nettamente da quello orientato alla società. Non è il funzionamento conforme ad una data società a determinare che cosa sia la malattia o la salute psichica,ma criteri insiti nell'uomo stesso. Esiste infatti il concetto di follia spesso utilizzato in psichiatria:la follia consiste nella presenza di malattia psichica. Di conseguenza,possiamo parlare di individuo relativamente sano,se non c’è nessuna nevrosi,psicosi o sintomo psicosomatico, e se su un piano socialmente rilevante non ci sono alcolismo, omicidi e disperazione
                                                                                                                                                                Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la maggior parte di cio che è glorioso, se tutto cio che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale. (Edgar Allan Poe)



16/10/11

Mutamento... e Oltre


Quando il tempo è finito, avviene un cambiameno piccolo o grande. Le stagioni sono un naturale mutamento dei cicli terreni, l'autunno porta con se un mutamento lento e inesorabile, inarrestabile che riesce a modificare quasi totalmente il panorama naturale, e con esso muta anche lo stato d'animo dell'uomo. Latente, mai certa subentra una forma di depressione, che porta a chiudersi per non avere contatti con nessuno, per non continuare a vivere, l'anzia prende il sopravvento bloccandoti dove ti trovi con un nodo alla gola, che ti rende impotente nell'affrontare i gesti quotidiani, che ti fa sentire inutile, ti fa sentire incapace e senza volerno entri in un tunnel che non ti permette di vedere la luce, la via d'uscita, ti dibbatti tra rovi, tra sterpi, tra spine e non riesci a capire come fare,... cosa fare, il tempo scorre lento,... quasi a volerti condannare al tuo dolore, rallentare vuol dire allungare il tempo della sofferenza. Queste alcuni sintomi di chi ha conosciuto o vive la depressione, il bipolarismo e tutte le patologie inerenti la pischiatria moderna. L'Italia è, tra i paesi industrializzati e oggi poveri, tra  i maggiori consumatori di piscofarrmaci, che il più delle volte sono prescritti senza una vera diagnosi, fatta da pseudo professionisti che non conoscono la materia. I psicofarmaci devono esssere prescritti da chi conosce la materia, ed è in grado di fare una diagnosi vera, reale e non superficiale e soprattutto non sottovalutare alcuni sintomi ritenuti marginali...... Attenzione, attenzione.... l'allarme è lanciato da autorevoli professionisti, i quali ritengono l'abuso un danno enorme, sia per i pazienti che per la collettività, e non si possono somministrare cure che danneggiano, irrimediabilmente, la mente umana. Tutto questo nasce unicamente dal desiderio di chiarire che, senza conoscenza della materia non si può e non si deve essere superficiali.... E' solo un allarme che va dato a quanti vivono, o hanno vissuto, il dramma del malessere dei tempi moderni, ma non solo, la condizione di impotenza e di insesibilità d'animo, di chi vive queste patologie, collegate tutte da un solo e unico denominatore; la sensisilità e l'amore.

11/10/11

News Politica.... e Oltre

Lettera alle Istituzioni locali di Bocchigliero (cs)


Luigi Zuppardi  http://luciecolori-ginozup.blogspot.com/
Caro Comune, ti scrivo per chiederti alcune cose che riteniamo importanti, molti cittadini sono interessati alle tue risposte.
Alcuni giorni addietro chiacchierando tra amici e utilizzando il collegamento pubblico, o comune, grazie ancora per l'iniziativa che non ci stancheremo mai di lodare, siamo andati a vedere alcuni bandi per la richiesta di adeguamento per le persone disabili, o che hanno bisogno di abbattere le barriere architettoniche, è una legge Regionale, dove si fà obbligo ai comuni di informare tutti i cittadini con incontri, dibattiti e pubbliche assemblee!!, questo perchè non è stato fatto??
Ma questo non ci basta vorremo sapere come mai solo due cittadini di Bocchigliero hanno fatto domanda???
E' questo il modo di amministrare la cosa pubblica????
Ma noi, vorremmo risposte anche dall'opposizione che, tardivamente ha sollevato il problema, e comunque vorremmo conoscere l'iniziative che intende assumere per tale atto, che a noi sembra molto grave, per una serie di cose che non stiamo qui ad elencare, ma la dignità è al primo posto e quella caro comune ed egregia opposizione và assolutamente rispettata.


   Alcuni cittadini di Bocchigliero                                                                                   
                                                                                                          
                                                                                                         


                                                                          

09/10/11

Domenica.. con il Papa


Il Papa oggi, 9 ottobre 2011, è in Calabria, ha celebrato la messa a Lametia Terme e nel pomeriggio si recherà alla certosa di Serra San Bruno, http://www.certosini.org/  tra le certose più belle che abbiamo in Italia. Il Papa ha parlato di radici cristiane e di valori che devono essere rivitalizzati attraverso i giovani, tutti hanno chiesto al Papa di pregare per questa terra martoriata dalla 'Ndrangheta, dalle connivenze con la politica e dalla cultura mafiosa. Noi non possiamo che condivirere e rilanciare con forza queste cose, aggiungendo che le coscenze devono avere un nuovo modo di vedere il futuro di questa terra, madre e matrigna, dolce e violenta, dove lo stato per troppo tempo è stato completamente assente.... svegliatevi e ricostruiamo le coscenze delle nuove generazioni che sono il nostro futuro.








07/10/11

Estate.....

L'estate stà finendo, finalmente diranno in tanti, in effetti le temperature si abbasseranno e ci saranno forti venti provenienti da nord. Ma le stagioni portano con loro anche i cambiamenti pisco fisici in tutti gli esseri viventi. Auguriamo a tutti voi cambiamenti positivi che possano donarvi la felicità che desiderate.. e Oltre.

Delucidando.... e Oltre



Veduta di Bocchigliero(cs)
 Emendamenti, no grazie! È questo quello che abbiamo concluso dopo una lunga e tormentata discussione. Non si tratta, sia chiaro, di una posizione di mero principio per distinguersi nell’ambito di una protesta, quanto piuttosto di una sofferta ma ragionata decisione. Per comprendere quanto sia costato pervenire ad una posizione simile, si deve chiarire fin da subito che gli emendamenti riguardanti il comma 29 e proposti da vari esponenti politici in altre situazioni sarebbero stati opportunamente appoggiati, anche se in realtà un distinguo va fatto.
Il primo gruppo di sei emendamenti di modifica del comma 29 della legge di riforma delle intercettazioni, va nel senso di limitare l'applicabilità della rettifica ai soli giornali online, e tale intendimento è sicuramente legittimo. Se la rettifica è istituto rivolto ai giornali cartacei non si vede per quale motivo non possa essere invocata per i corrispondenti siti online.
Uno degli emendamenti (il 950, di Cassinelli, Palmieri, Scandroglio, Barbareschi) si inserisce in una prospettiva completamente divergente rispetto agli altri, rendendo anche incomprensibile il raggruppamento con i primi sei, come se avessero tutti la stessa ratio. L'emendamento 950, infatti, a differenza degli altri non distingue affatto tra informazione professionale e non professionale: invoca la rettifica per tutti i “siti informatici” anche non costituenti giornali online, addirittura sostituendo siti informatici con “contenuti diffusi sulla rete internet”, così realizzando una potenziale estensione a tutto ciò che viene immesso in rete. L'unica concessione è data dall'allungamento dei tempi della rettifica, due giorni giornali online, mentre per tutti gli altri contenuti digitali viene portato a 10 giorni.
Il problema del comma 29 non è dato tanto dai tempi della rettifica, quanto piuttosto dall’indebita e burocratica parificazione (anche se parziale) tra stampa in rete, laddove tale parificazione è stata a più riprese disconosciuta dalla Suprema Corte di Cassazione (ad es. sentenza 10535 del 2008 e 35511 del 2010). Chiarito ciò, va rilevato che la semplice proposizione di sei emendamenti tendenti a limitare l'applicabilità del comma 29 ai soli giornali online di per sé già contraddice una eventuale interpretazione sistematica del suddetto comma. Infatti, si è pur detto che la particolare collocazione della norma, la quale di fatto va a modificare un articolo della legge sulla stampa, sarebbe argomento sufficiente per limitarne l'applicabilità ai giornali online. Ma se così fosse non avrebbe alcun senso l’affannarsi di alcuni politici nel modificare quella norma al fine di limitarne la portata nel senso che già sarebbe ricavabile dà un'interpretazione sistematica della stessa.
A riguardo va detto che la prima versione del comma 29 recitava “siti informatici” e basta, e proprio come per impedire una possibile interpretazione sistematica, lo scorso anno la Camera modificò la norma aggiungendo l'inciso “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. Se nella categoria siti informatici sono compresi anche i giornali online, appare evidente che tale categoria deve essere più ampia, comprendendo anche qualcosa di più rispetto ai soli giornali online.
Ci permettiamo infine un'ultima osservazione. Qui nessuno ha intenzione di fare del catastrofismo giudiziario, del resto abbiamo cercato di evitare il più possibile, a parte i titoli che devono essere necessariamente sintetici, l’indicazione di “ammazza blog”, come pure è ormai comunemente conosciuto il comma 29. È ovvio che il comma 29 non ammazzerà la rete, però è importante capire bene quali sono (o potrebbero essere) i risvolti pratici in particolare l'imposizione sul nostro blog personale dell'opinione altrui, anche palesemente falsa, in assenza di qualsivoglia illecito da parte nostra, solo perché il soggetto citato nel nostro articolo ritiene a suo insindacabile giudizio di essere stato leso nella sua reputazione.
A tale proposito risulta illuminante una pronuncia della Pretura di Milano del 26/5/86: “L’istituto della rettifica disciplinato dall’art. 42 legge 416/1981 (NB. norma che modificò l’art. 8 della legge sulla stampa) riconosce, a chi soggettivamente si ritenga leso da un’informazione non rispondente a realtà, il diritto ad ottenere la pubblicazione della “propria verità”, garantendo così una dialettica nell’ambito del sistema di informazione; è pertanto superfluo il vaglio dell’esattezza della notizia originaria”. E con la sentenza n. 10690 del 24 aprile 2008, la Suprema Corte ha precisato che “l’esercizio del diritto di rettifica… è riservato... alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento è rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignità dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica…”. Stiamo parlando di un istituto che ha la sua ragione di essere nella disparità tra un giornale oppure un telegiornale e il singolo privato cittadino, disparità che non esiste affatto tra, ad esempio, un politico che pretende la rettifica dal blog di un singolo privato cittadino!
Si tratta, quindi, dell'ennesimo tentativo di privatizzazione della tutela di interessi personali con ovvia possibilità di abusi e strumentalizzazioni. Allo stato, ovviamente, non è dato sapere quante saranno le richieste di rettifica, dopo l'approvazione di questa norma, ma conviene porsi fin da adesso una domanda: voi che avete un blog, voi che fate informazione in rete, anche, anzi soprattutto se non siete giornalisti, se qualcuno vi chiedesse di rettificare un articolo vero e documentato, con una rettifica basata solo su dati palesemente falsi, rischiereste per questo una multa fino a 12.500 euro?
Perciò, nonostante la bontà degli emendamenti sopra ricordati, i quali in altre circostanze sarebbero stati appoggiati senza alcun ripensamento, la nostra posizione in merito non può che essere quella di rifiutare categoricamente una qualsiasi modifica al famigerato comma 29.
Non dobbiamo, infatti, perdere di vista il quadro generale focalizzandoci solo su quello che, pur importante, è solo un particolare, laddove il quadro generale è dato dalla legge di riforma delle intercettazioni. Anche semplicemente discutere di una modifica del comma 29 vuol dire premettere l'accettazione dell'approvazione della legge di riforma che introdurrà pesanti limitazione non solo all'attività di indagine della magistratura ma anche a quella di informazione dei giornalisti.
Che senso avrebbe difendere la libertà di manifestazione del pensiero del cittadino in rete, modificando il comma 29 in modo da consentire il dialogo e la possibilità di espressione della propria opinione in merito agli avvenimenti politici del giorno, quando di quegli avvenimenti non si potrà sapere praticamente quasi nulla? Come si può seriamente ritenere libero un cittadino di partecipare alla vita politica se di quella vita politica ne avrà una conoscenza soltanto parziale? Come si potrà esercitare la sovranità popolare, se il popolo non sarà correttamente informato delle vicende che toccano la sua classe politica?
E non sembri eccessivo un richiamo alla sovranità popolare, in quanto è la stessa Suprema Corte che con la sentenza n. 16236 del 9 luglio 2010, afferma: “intanto il popolo può ritenersi costituzionalmente ‘sovrano’ in quanto venga, al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell’opinione pubblica, senza limitazioni e restrizioni di alcun genere, pienamente informato di tutti i fatti, eventi e accadimenti valutabili come di interesse pubblico”.
In conclusione, la priorità non è correggere il comma 29 bensì contrastare, e con forza, il disegno di legge di riforma delle intercettazioni. Una proposta di legge che addirittura si porrebbe in contrasto con le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, la quale ha più volte ribadito (sentenza del 7 giugno 2007, ricorso n. 1914/02, affare Dupuis) che l’importanza a fini pubblici di una vicenda rende del tutto legittima la pubblicazione anche di notizie coperte dal segreto, sancendo la prevalenza della libertà di stampa sul diritto alla privacy delle persone note come i politici e gli uomini di Stato.
Ecco perché, a seguito di una profonda, sofferta ma ragionata discussione, siamo convinti di dover dire no agli emendamenti del comma 29. Emendamenti no grazie, ma soprattutto bavaglio no grazie!
Bruno Saetta

@valigia blu - riproduzione consigliata

Articolo tratto da :    http://www.valigiablu.it/
















02/10/11

La Superbia I°vizio capitale...di Leonardo Mazza

Questo è il primo dei vizi capitali, inizieremo da questo per arrivare a pubblicare tutti i 7 vizi capitali scritti da Leonardo Mazza da Bocchigliero.
Tanti ci chiedono notizie su questo paesano, noi ci stiamo provando.. intanto gustatevi come scriveva questo bocchiglierese.


                     

La Superbia
La Superbia

Qual uragano, che dai monti altieri
   Cala fremendo, e nelle valli amene
   Lascia di sue ruine orme, e sentieri;
Qual'onda, che mugghiando altra sen viene
   Accavallata su i cerulei campi
   Scuotendo i fianchi delle rauche arene,
Qual notte oscura, a cui funesti lampi
   Squarciando il seno, e nel notturn'orrore
   Sembra che il mondo abbandonato avvampi;
Tale fra noi quaggiù scese un errore,
   Nato nel cielo, ed alla stirpe umana
   Cagion di pianto immenso, e di dolore;
E la superbia! Di satan la vana
   Cieca lusinga di uguagliarsi a Dio,
   Che in sè si ride di una mente insana.
Ove innalzi,Lucifero, il desio?
   Di farti un Nume? Oìbò! Vana è l'impresa,
   Se del mare maggior vuol fars' il rio.
Empio! Punisce l'inaudita offesa,
   Il Ciel, che abbatte la ribella schiera,
  Che nel fuoco infernal giace prostesa.
Dimmi, Adamo, dov'è la tua primiera
   Santa virtù, che ti facea dal Cielo
   Scende l'angel di Dio da mane a sera?
Più non sei giusto: e di ria colpa il velo
   Adombra l'alma tua, onde avvilito
   Andrai ramingo, esposto al caldo, al gelo;
Anche al soglio di Dio volgesti ardito
   L'avido sguardo; e nell'ardir tuo cieco
   Non conoscesti ch'ei tropp'alto è sito?
L'Eden lasciasti, in solitario speco
   Ad abitar ne andasti; e nell'esiglio
   La Morte, il Pianto, il Duol vennero teco;
Perchè della superbia il duro artiglio
   Carpì del core tuo le voglie impure
   Onde impudente al Ciel volgest'il ciglio:
E del Nume spezzando le fatture,
   Che a te d'intorno quai zelanti ancelle
   Somministravan le modeste cure.
Al tuo Signor ti fèsti,ahimè!ribelle,
   E della Terra nn curando il Trono,
   Far ti volevi un di' Re delle stelle.
Vana lusinga!Le creature sono
   Atomi vili,che disperde un solo
   Girar di ciglio dell'eterno Buono.
Quelli che vuo!troppo innalzarsi al volo
   D'Icaro imi'tà i mal sicuri vanni,
   E vien dall'alto a rotolar nel suolo.
Quegli che vedi sui gemmati scanni,
   Superbo assiso,del Signor la mano
   Nella miseria immerge,e negli affanni:
E l'infelice si dibatte invano;
   Chè i vili esalta,e i potenti abbatte,
   Del tutto il Re col suo poter sovrano.
Quei,che l'aspro sentier di gloria batte,
   E fra i disagii di una vita onesta
   Ama virtude,e il vizio sol combatte,
Nol vedi burbanzoso alzar la testa,
   Ned insultare il debole che geme
   Sotto capanna ruvida,e modesta:
Umil cammina;nè il dispregio teme
   Di un qualche vil;nè la calugna infame
   Con l'alito pestifero lo preme.
Quegli,al contraio,che le ingorde brame
   Volge ad onor da lui unqua mertati,
   Superbo incede fra le genti grame,
Tutti i buoni son già da lui sprezzati:
   Ed ei;perchè si vede in qualche posto,
   Vuol tutti ai piedi veder prostrati.
Ei vile!tenda d'innalzarsi a costo
   Della virtude,e dell'altrui fortuna,
   Chè un cuor malvagio a dentro il sen nascosto.
Quale sentina in cui tutta si aduna
   La impura feccia di orrida sozzura,
   E' dei superbi il cor, che in se raguna
D' infami vizii orribile lordura,
   Che sopra i monti, e nell'ameno lande
   L'alito emana di sua peste impura.
Non è l'impiego, che fa l'uomo grande,
   Ma è l'uomo grande,  che il suo posto onora,
   E a sè d' intorno chiara luce spande.
Un uomo infame il posto disonora;
   E sempre è vil, quantunque burbanzoso
   Con vera ipocrisia l' opre colora:
Non innalzi la fronte baldanzoso
   Quegli,  che sol di falsi merti è adorno;
   Ma chini al suolo il guardo vergognoso.
Come coi raggii il sol rischiara il giorno,
   Così con l'opre la virtù si mostra,
   E sempre briila dell'invidia a scorno.
E voi, dinnanzi a cui tutta si prostra
   Umil plebaglia intimorita, e vile
   Adulatrice della boria vostra.
Credete che vi scorra un più gentile
   Sangue per dentro alle patrizie vene,
   E sia la stirpe d'altra gente umìle?
Credete che sia grande chi ritiene
   Cento degli avi affumicate tele,
   Lieti ricordi di sofferte pene?
Chi è degli avi suoi germe infedele
   E vanta sol di quei la glori' antica,
   Li disonora in modo assai crudele.
A quei, che tiene la virtù nemica,
   E non ha merti personal', il vanto
   Che giova dell'altrui fronte pudica?
Fa come quei, che in su la scena il manto
   Indossa dei sovrani, e rappresenta
   Un finto Rege; un Baco, un Radamanto,
Fa come Scimia, che imitar già tenta
   L' opre dell'uomo, e spinge il volgo al riso
   Quando la vede alla bell' opra intenta.
Giù, vigliacchi, abbassate il fiero viso;
   Nè della stirpe producete i vanti,
   Quando avete di fango il capo intriso.
Oggi vediam fra noi mille furfanti
   Dal regolo sotiti, o dall'incude,
   Vantar natali, e poi farsi arroganti.
Vili ! Voi stessi la superbia illude,
   E l'arroganza vostra ognun disprezza ;
   Chè un cuor vigliacco nel suo sen racchiude
Ogni patrizio, la cui grande altezza
   Solo consiste in arrogante fasto
   Di titoli mal compri, e di fierezza.
V' è chi si vanta d' ubertoso e vasto
   Retaggio di poderi, e di tesori
   Dagli avi trapassati a lui rimasto:
Ed ei ripon la cima degli onori
   In posseder dovizie in abbondanza,
   Qual mezzo di delitti, e disonori.
Dimmi : perchè nel cor tanta baldanza?
   Perchè sei ricco? Ebben ! nel sol danaro
   Tutta riponi, o vil, la tua jattanza?
Fors'è l'acquisto di malvagio avaro
   La tua ricchezza, o figlia di un delitto,
   Che il ricordarlo ti sarà discaro.
Ogni uomo onesto, che cammina dritto,
   Dopo molte fatiche appen' acquista
   Quanto gli basta a procacciars' il vitto.
Ond' egli suda, gela, e si rattrista,
   E in fin degli anni alla diletta prole
   Lascia miseria di virtù commista.
Che val dunque, o superb' il far parole,
   E millantarvi di propizia sorte,
   Se l' opre vostre sono esposte al sole?
Se in man tenete il dritto del più forte?
   Rubate , assassinate ogn' uom onesto?
   Vili e furfanti a voi fanno la corte?
Onde vi giova il camminar modesto,
   Acciò nessun vi guardi, e nella mente
   Non ridesti per voi pensier funesto.
Vedi avanzare ancor superbamente
   I semidotti, che imparato avranno
   Appena un cujus, o non sanno niente ;
Onde li vedi assisi in su lo scanno
   Far i dottori, e schiccherare al volgo
   Mille sentenze, che le bestie sanno.
Ahimè ! che invano il mio pensier rivolgo
   A questa vile perfida canaglia,
   E dei delitti loro invan mi dolgo.
E' il tempo, in cui soltanto la murmaglia
   Degli ignoranti, dei superbi, e tristi
   Fiera s' innalza, ed i vigliacchi abbaglia !
Vedi una ciurma d' ignoranti artisti
   Delle bell' arti profanare il tempio;
   E star Filosofia entro i Sofisti.
Poi delle leggi vedi orrendo scempio
   Far gli avvocati tutti, e i magistrati,
   Che fanno Astra tremar pel tristo esempio.
Vedi colà superb' innamorati
   Vantar l'amore di pretesa donna ;
   Cui giungono, ma indarno, i trsti piati.
Veggio superba mettersi la gonna
   Quella furbetta , che le donne imita
   Del Tevere, dell'Arno, e di Garonna.
Vili ! non sanno che la corta vita
   Sempre trascorre, ahimè ! dentro gl' inganni,
   E di lusinghe vane ancor nutrita?
Giù giù calate, o superbotti, i vanni,
   Nè della sorte vi fidate assai ;
   Chè nella gioia vengono gli affanni.
Sol nei dorati alberghi entrano i guai,
   E della plebe, dall' umil capanna
   La pace, il fido amor non fuggon mai.
Or tu che vuoi sederti in su la scranna
   Per giudicar da lungi mille miglia
   Con la veduta corta di una spanna.
Sappi che di Satanno infausta figlia
   E' la superbia, ed il Signor discaccia
   Dal core suo chi a lei si rassomiglia ;
E gli umili soltanto al seno abbraccia.