Territorio nel 1930 ( TRECCANI Enciclopedia) |
Vogliamo raccontarvi una leggenda, che abbiamo trovato in un testo del 1862 (appena un anno dopo l'Unità d'Italia). Testo di cui vi abbiamo già parlato,"Rime e Prose per Leonardo Mazza da Bocchigliero", ma adesso entriamo in una di queste meravigliose prose con rime e con una scrittura oramai scomparsa, un pò come la divina commedia di Dante, più volte citato nel testo. La leggenda di cui ci racconterà Leonardo Mazza successe, se successe, durante gli anni in cui il simbolo di Bocchigliero, era questo,(nella foto),che è un nostro biglietto da visita" TERRA BVCCHIGLIERI ". Abbiamo scelto di presentarvi questo pezzo per non dimenticare, mai, le nostre Radici, Storiche e Culturali, che sono la nostra colonna portante nella costruzione dell'Identità Antropologica di un popolo...e sicuramente Oltre.
LE VERGHE DI ORO
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LEGGENDA PAESANA
Qual profondo del mar segreto abisso,
Che mai, si appaga della orribil piena
Di mille rivi, e di torrenti, e piogge,
E' il cuor dell'uomo! A Lui dell'onde azzurre
Il vasto interminabile orizzonte,
Gli estesi campi, le profonde valle,
E la stellata immensità dei Cieli
Son poca cosa. In lui terribil guerra
Fanno gli impulsi di contrarii affetti;
Onde rivolge inquieto il suo pensero
All'aquisto di un ben, di cui soltanto
E' rimasta quaggiù la ricordanza;
Felicitade io dico! Ahimè! affannoso
L'uomo la cerca fra gli onor; sul trono;
Fra lo splendore di ricchezze immense;
Nei dolci amplessi di vezzos'amante;
Ma invan! Del cuore suo duro governo
Fa la pervers'Ambizion, che cieca
Giammai non sazia la bramosa voglia,
E da oggetto volando in altro oggetto,
Ogni legame di natura spezza,
E sacrilega, orrenda, parricida
Infin diventa, senz'aver mai posa.
Nell'amore gli versa entro le vene
Tosco mortal di Gelosia la orrenda
Cieca mània, che furioso il rende.
E nel desio delle ricchezze, il core
Gli rode orribil verme, l'interesse!
Quel funesto malor, che inoculando
Il suo veleno entro agli umani petti,
Spinge i mortali agli spergiuri, ai vili
Iniqui tradimenti ; ad ogn' infame
Lorda sozzurra; all'adulterio, al sangue.
A quai tremendi orribili delitti
L'uomo non spinge l'esecranda fame
Dell'oro? Ahimè di Polidoro io taccio!
E d'altri mille assai funesti casi
Orridi effetti di avarizia ingorda.
Dirò soltanto dell'orrendo scempio,
Che d'innocente garzoncello fece
Un uomo iniquo della patria mia,
Di cui si serb'ancor trista memoria
Fra i più tardi nipoti, a cui le vene
Tremar di orrore in ricordarlo ai figli.
D'alta montagna in su la cima siede
Di Bocchigliero la terra, che superba
Quasi Regina delle nubi stende
L'acuto sguardo da lontano al Jonio,
E dopo il ghiaccio dell'Inverno ride
Come sposa novella, inghirlandata
Da mille grati variopinti fiori,
Che lambe il bacio d'olezzante auretta.
Quivi, un secolo è già, vivea superbo
Di sue ricchezze di Fuligno un figlio,
Ricco di mandre, e di poderi; un vago
Garzoncello tenea qual guardiano
Di un piccolo stuolo di setosi porci,
Che in Vallodoro a pascolar mandava.
Mentre un giorno colà
Quel giovinetto
Pascer faceva le setose belve
IN mezzo al grembo di una valle opaca,
Quelle col muso rovistando, fuora
Dal rimosso terren trasser due verghe.
Appena egli le vide, assai giulivo
Corse, le prese, le guardò più volte,
E di acciaio, credendole, o di ferro,
Presto ne andiede, al suo Patron recolle,
Appena in su le stesse il guardo volse
L'avaro ingordo, ch'eran d'oro vidde;
E n'esultò.Mille carezze fece
Al garzoncello; e il dimandò più volte
Donde a te queste verghe?In vallodoro
L'ho rinvenute, il giovinetto disse,
Nel rovistio delle grugnanti belve.
Queste verghe di acciaio un dì nascose
L'avolo mio colà, disse quel furbo:
Orgiunto è il tempo, in cui riprender deggio
Quanto a me s'appartien: ragazzo, andiamo
Colà dove tu queste hai rinvenute
Era il giorno all'occasso: e l'orizzonte
Irradiava la purpurea luce
Del sol, che disparia nell'occidente.
Allor quei due solinghi e non veduti
Mosser di Vallodoro in ver la selva,
Delle verghe fatali alla scoperta.
Lieto innanzi ne andava il giovinetto,
E pensieroso e cupo lo seguiva
Dappresso il suo padron,che incerto,e tristo
Volgeva intorno sospettoso il guardo
Come lupo rapace, il qual si accinge
A dar la caccia alle dormenti mandre
Giunsero quivi allor che l'Universo
Della sera copriva il bruno ammanto,
E del crepuscol suo l'incerto raggio
Delle cose mostrava appena appena
Il morente colore. Allor posaro
Stanchi, anelanti a rinfrescar la lena
Sui verdi strati di olezzant'erbetta.
Primo il garzone incominciò. Signore,
Vedi il terreno rovistato?Il veggio.
Ebben! colà trovai quelle tre verghe.
Come scaltro mastino, il qual da lungi
Guarda la preda, e frettoloso addosso
Le corre: in simil guisa il folle avaro
Corse, tenendo in man rustica mazza,
E la diede al garzon, prendi, dicendo
Apr'il terreno: e quei tost'obbediva
Taciturno al comando del suo Sire.
Dopo alquanti minuti il buon garzone
Dato un colpo di marra, ode un tintinno
Di metalli oggetto, e più frequenti
Cadono i colpi allora, infin che scopre
Lunga cassa di legno infracidata,
Sentì l'avaro allor stringers'il cuore
Tra il timore e la gioia: in un momento
Aprì la cassa, e la rinvenne piena
Tutta di verghe di pregevol, oro.
Appena ei vide il gran tesoro, in petto
Sentì balzarsi per la gioia il core.
Ma poi temendo che il garzone avrebbe
La sua fortuna di svelato altrui,
Ed il Fisco Real stesa vi avesse
La sua mano possente; chè in quel tempo
Su i tesor il suo dritto aveva il Fisco,
L'orribil concepì fiero disegno
D'immolar l'innocente garzoncello,
Vittima sacra all'avarizia sua!
In quel momento, in cui dense copriano
Tenebre il mondo,lo condusse in riva
Di un ruscello vicino: ed impugnato
Terribilbrando minaccioso alzava
L'esecrabile destra, onde ferire
Il meschinello. Appena egli lo vide
Minacciargli la vita, genuflesso
Cadde ai suoi piedi, e dimandò più volte...
Perchè mi uccidi? Cosa mai ti ho fatto?
E singhiozzando gli chiedea perdono
Delle sue colpe, se qualcuna in lui
Commessa egli ne avea. Ma quello in petto
Roder sentia dell'interesse il verme,
Ond'era sordo alla pietà. Più volte
Vibrò nel petto all'infelice il brando,
E quei cadde, chiamando nel morire
Il dolcissimo nome di Maria....
Quindi gettollo il fiero in mezzo all'onde
Del rio, che mormorando i suoi lamenti
Alzav'al Ciel per così gran delitto.
Torna, ciò fatto alla fatale cassa
Dell'auree verghe e le trasporta in casa:
Invan si tenta coi delitti orrendi
Comprar felicità! Crudo rimorso
Fa nel petto del reo terribil guerra:
Gli turba i sogni, e lo molesta in veglia
Coi tremendi latrati. Hai stolta, e vana
Lusinga dei mortali! Allorchè l'uomo
Cerca il bene nel male. Il mal peggiora,
Fassi reale, e il ben presto dispare
Qual nebia mossa da contrarii venti.
Lo sciagurato, a cui grondava il sangue
Dell'innocente dall'infame destra,
Non ebbe mai nel viver suo riposo:
Stava solingo: e sbigottito il guardo
Volgeva intorno, come un uom che teme
La vendetta di alcuno. I sogni suoi
Turbava orribil gigantesco spettro!
Livido il volto, e scarmigliato il crine
Volgea su lui lo sguardo minaccioso,
E gridava: Crudel, nel fuoco eterno
Andrai perduto! E mentre vivi, in pace
Non poserai per un istante il capo!!
E gli mostrava insanguinato brando,
Su cui scolpiva con la destra mano:
" Sangue innocente! E rivolgendo il ferro
V'imprimeva " Del Ciel giusta vendetta!
A tal vista, a tai detti egli tremava:
Volea gridar, ma gli moria la voce
Nell'affannoso straziato petto:
Onde dal sonno si destava; e intorno
Volgea smarrito e spaventato il guardo.
Gridando: aiuto! aiuto! aiuto! aiuto!
E si mettea sul viso ambe le palme.
Così puniva il Ciel l'orrendo scempio
Dell'innocente anciso giovinetto,
L'ombra del quale, orribile fantasma!
Tremar faceva l'uccisore infame.
Tra i rimorsi, le veglie e la paura
Visse molti anni quell'incordo avaro,
Privo dei lumi; che a punirlo Iddio
Dell'avarizia sua, dei suoi delitti.
Gli tolse il mezzo di veder dell'oro
Il funesto splendor, che l'abbagliava,
Fino a renderlo, ahimè! Vile omicida,
Giunse al fine per lui l'ora fatale,
Che l'appellava dell'Eterno Al Trono,
Qual reo dinnanzi alla Giustizia vera.
Egli moriva: e nel morir più volte
Maledisse il Creato, e l'esistenza
Dell'alma sua, che nel terribil nulla
Volea già spenta. Ahi sciagurato! Eterna
Terribil'esistenza ora ti aspetta
Nella cupa infernal sede dei rei,
Dove iuvan dei tuoi falli avrai cordoglio.
Ivi a neri caratteri vedrai
Scritta del Ciel terribile sentenza "
" Ecco la valle, ove la gioia è morta!
" Lasciate ogni speranza voi ch'entrate!
Nè avrai benigno spirito, che ti dica:
Quì si convien lasciare ogni paura;
Ma di Cerbero invece la fumante
Triplice gola troverai, che in petto
Ti verserà d'inferno ardenti fiamme.
Infatti egli moriva: e allor che inquieto
Al suo corpo un addio dava lo Spirito,
D'angeli neri orribile caterva
L'accolse in seno, ed esultante sparve.
Da : "_________ Rime e Prose per Leonardo Mazza da Bocchigliero___________"
incuriosisce molto.leggenda ho verita?bisognerebbe indagare piu a fondo. ed oltre......
RispondiEliminaGianni, noi abbiamo sguinzagliato i nostri seguggi. Grazie della visita, se vuoi puoi aggregarti ai ns seguggi
RispondiEliminaciao
Da Giuseppe Scafoglio a Leonardo Mazza grandi sono le testimonianze culturali che i nostri avi ci hanno tramandato e che il blog stà puntualmente valorizzando,sarebbe bello che dalla rete questa pratica si materializzasse anche nella realtà quotidiana del nostro paese.E allora ecco una proposta,perchè non organizzare una Giornata-evento,nella programmazione estiva,dove le diverse espressioni culturali della nostra storia,trovino modo per rivivere e ricordarci che solo sapendo bene da dove si viene si può guardare...oltre..
RispondiEliminaSe ci facciamo caso anche nel nome il nostro paese ha questo messaggio BOc chi gli ero,chi ero e come eravamo,il tempo come dimensione prevalente..tempo che il nostro paese rischia di non avere più..e quindi uniamo le discipline e le capacità ed organizziamo una vetrina al nostro passato con mostre,video,poesie,teatro,musica,omaggiamoci per una volta invece che dividerci..ciao Piero, buona Primavera e oltre...
Squisito e puntuale il tuo commento che apprezzo e apprezziamo, sapendo di toccare corde sensibili e non limitandoci a segnalare, ma propio ieri, al nostro amatato paesello, si è discusso di organizzare qualche cosa propio su questo scritto di Leonardo Mazza. Insieme a Gianni Vincenzo e Pino Jannelli si è pensato di preparare una fiction sull'evento tragico di questa leggenda, o una ps teatrale-
RispondiEliminaGrazie infinite del tuo apprezzamento Nico