Continuiamo la pubblicazione dei vizi capitali, qualcuno ci chiede di pubblicarli, ci stiamo pensando, vorremmo pubblicare tutto il libro di Leonardo Mazza da Bocchigliero. Vorremmo che le istituzioni prendessero atto di questo personaggio, e dedicare a lui una via, un luogo culturale, una piazza e comunque facciano conoscere alla popolazione, vicina e lontana, un personaggio di questa caratura e a tutti gli uomini di cultura.
Buona lettura.
" IRA "
Vedeste mai la ripida montana
Scender gonfio impetuoso fiume
L' onde frangendo in romorosa frana ;
Qual nunzio della giusta ira del Nume
Il piano inonda, e gli argini trapassa
Tra il cup' orror di tempestose brune ;
E mentre il tutto nel passar fracassa
Giunge superbo in tempestoso mare,
Dove confuso la possanz' abbassa ?
Ebben ! si puole a questo assimilare
L' Ira, che ancor nall' uom fa cruda guerra,
E per diverse vie lo fa peccare .
Ognun, chi più chi meno in questa terra
Ne sente la fatal cieca possanza
Onde fra l' ombra della colpa egli erra
Vedi colui, che mostra la baldanza
Di un Rodomonte, e la vil plebe abbaglia
Con di parole assai vana iattanza ?
Un iracondo egli è, che alla canaglia
Solo appartiensi della gente vile,
O d' ignoranti belve alla ciurmaglia .
Quegli, che tiene in petto irosa bile
Il vedi ora superbo e minaccioso,
Or vigliacco pregare in atto umìle ;
Che qual torrente altiero, impetuoso,
E' l' iracondo, che lo sdegno attuta,
Quando s' incontra in cuor più burbanzoso .
Si adira il Prence un dì, perchè temuta
Non è la sua possanza, o forse ancora
Perchè sua volontà d' altri si muta ?
Ebben ! Sia buono, e il suddito lo adora ;
Sia giusto e nello avere i saggi allato,
Tutto cammina dritto, e dentro, e fuora .
Ved' il Ministro, il degno Magistrato
Rendersi schiavo dell' irosa peste,
E sempre star col volto corrucciato :
Onde chi a lui ne va con umil veste
Ad implorar giustizia, egli discaccia
Come figliuol di genti assai moleste :
Ed all' insulto aggiunge la minaccia
Sicchè ad un tale spirito bizzarro
Non osa l' infelice alzar la faccia .
Del Campidoglio i mostri a voi non narro,
Caligola, Neron Domizio, e Varo,
Onde intento più in là l' occhio non sparro
Ridir le cose antiche il mio pensiero
Non è, ma solo il secolo presente
A me si affaccia minaccioso e fiero :
E veggio baldanzoso ed insolente
Renders' il ricco, il dotto, l' ignorante,
Il nobile, la plebe, il vil pezzente .
Vedi molesto, farsi ed arrogante
Quell' iroso dottor di medicina,
Che Ippocrate disprezza, e fassi amante
Della funeria mesta Libitina ;
Onde infelice chi v' incappa ! Spento
Egli cadrà la sera, o la mattina .
Veggio adirarsi ancora ogni momento
Quello di legge dottorello arguto,
Che si stropiccia sonnacchioso il mento .
Ei di Cuiacio polveroso e muto
Tiene il volume nello studio, e svolge
Lunghe memorie con un guardo acuto
Di tanto in tanto il guardo egli rivolge
Alle Pandette ; il Codice non cura
E del cliente suo poco si accorge,
Onde può fare al certo la sua ventura
Chi a lui si affida . La difesa è forte
Se un iracondo ne ritien la cura !
Ed è felice ancor di quei la sorte
Che ad iracondo giudice si affida
Alle sentenze od ignoranti o torte .
Egli si sdegna, e minaccioso sgrida,
E rischia i dritti d' innocente oppresso
Forse ai delirii di una mente infida
E ancor degli altri magistrati appresso
Dire vorrei gli errori ad uno ad uno
Se vengon d' ira molestati spesso .
Ma su le colpe lor mettiamo un bruno
Velo di oblio ; che forse ognun si emenda
Quando si accorge che non l' ode alcuno .
Ecco al mio sguardo ancor si offre tremenda
Ciurma di vili, ed iracondi spirti,
Che il mondo infetta di sua peste orrenda .
Vorrei più cose, alma iraconda, or dirti
Di quest' insani, e se parlar potrei,
Certo farei di tanti error stupirti .
Tu che fremendo, dei pensier più rei
Pasci la mente, e gonfio tien' il petto
D' ira, di sdegno, e di furor, chi sei ?
Un atomo tu sei, ombra, od insetto
Che sperde il vento, e fa tornar nel nulla
Donde il trasse di Dio l' alto intelletto .
A te che tutto sprezzi, entro la culla
Sorrise il niente, e l' accompagna bieco
Fino alla tomba, che ogni fasto annulla
Solo abitar dentro selvaggio speco,
Nido di belve, l' iracondo è degno,
Il suo furor portandone con seco .
Di un' alma vil soltanto è tristo segno
L' ira insensata ; che nel cor si accende
Dei Grandi sol magnanimo disdegno .
Della possanza imperial si offende
Il Guelfo, e freme il Ghibellino ardito,
Onde son l' ire delle sette orrende .
Vedi sdegnoso ancor morders' il dito
Quel forsennato di Lutero, e poi
Batter la guancia, dal furor tradito .
Taccio degli altri furibondi eroi,
Che mostran l' ira pur con modi strani,
E veggio altieri passeggiar fra noi
Sono di questi gl' intelletti vani,
Vile lo sdegno, e quindi giova dire :
" Andate via colà con gli altri cani !
Non atterrisce, no quel folle ardire,
Che voi mostrate in orgogliosi detti,
Che fan villana plebe in sè stupire
Sono iracondi assai quei giovanetti,
Che sol di donna seduttrice in seno
Tutti concentran gli amorosi affetti .
Allor che gelosia sparge il veleno
Nel cuor di questi, che non han mai pace,
L' ira non sente di ragione il freno
Onde alla Luna parlano, che tace,
Che dei delirii loro in sè si ride,
Quando li vede immersi nella brace .
E lo sfrenato giocatore uccide
L' ira che il cor gli strugge, allor che molto
Egli si fida delle carte infide .
Strilla bestemmia, e quasi avvien che stolto
Egli diventi ; chè fortuna ingrata
In altri luoghi ha suo favor rivolto .
Allorchè la sua moglie d' altri amata
Vede uno sposo, lo consuma l' ira,
Ma poi si placa se la vede ornata :
E gelosia sprezzando, egli sospira
Novellamente per l' infida : i pregi
Della bellezza sua stupido ammira .
Bontà non è che la memoria fregi
Di tanti vili, neghittosi, e tristi
Degni di oblio soltanto e di dispreggi .
Si adira il mercator ; perchè gli acquisti
Vengono meno della sua fortuna,
Di ladronecci e furberie frammisti .
Gira su l' onde, sue ricchezze aduna,
Infin che il soffio della sorte avversa
Poi le ritoglie, e sperde ad una ad una
L' ira del cacciator non è diversa
Quando per entro alla boscaglia insiegue
Libera belva dal timor dispersa
Ciurma di veltri, o di mastini siegue
Quella infelice : ed ei su l' orma incerta
Ansando forte il suo cammin prosiegue .
Oh la grand' ira della gente inerte !
L' ira di Bruto sembra, o di Gregorio
Anime grandi alle bell' opre esperta ?
Sembra lo sdegno dell' Eroe Sertorio,
Di Scevola, Camillo, e di quel dotto
Grande orator di Arpino, e di Vittorio ?
E' l' ira un mal, che il mondo ha già corrotto,
Onde di oblio si spandi eterno velo,
Dicendo a quei che n' hanno il cor sedotto :
Non isperate mai veder lo Cielo .
Buona lettura.
" IRA "
Vedeste mai la ripida montana
Scender gonfio impetuoso fiume
L' onde frangendo in romorosa frana ;
Qual nunzio della giusta ira del Nume
Il piano inonda, e gli argini trapassa
Tra il cup' orror di tempestose brune ;
E mentre il tutto nel passar fracassa
Giunge superbo in tempestoso mare,
Dove confuso la possanz' abbassa ?
Ebben ! si puole a questo assimilare
L' Ira, che ancor nall' uom fa cruda guerra,
E per diverse vie lo fa peccare .
Ognun, chi più chi meno in questa terra
Ne sente la fatal cieca possanza
Onde fra l' ombra della colpa egli erra
Vedi colui, che mostra la baldanza
Di un Rodomonte, e la vil plebe abbaglia
Con di parole assai vana iattanza ?
Un iracondo egli è, che alla canaglia
Solo appartiensi della gente vile,
O d' ignoranti belve alla ciurmaglia .
Quegli, che tiene in petto irosa bile
Il vedi ora superbo e minaccioso,
Or vigliacco pregare in atto umìle ;
Che qual torrente altiero, impetuoso,
E' l' iracondo, che lo sdegno attuta,
Quando s' incontra in cuor più burbanzoso .
Si adira il Prence un dì, perchè temuta
Non è la sua possanza, o forse ancora
Perchè sua volontà d' altri si muta ?
Ebben ! Sia buono, e il suddito lo adora ;
Sia giusto e nello avere i saggi allato,
Tutto cammina dritto, e dentro, e fuora .
Ved' il Ministro, il degno Magistrato
Rendersi schiavo dell' irosa peste,
E sempre star col volto corrucciato :
Onde chi a lui ne va con umil veste
Ad implorar giustizia, egli discaccia
Come figliuol di genti assai moleste :
Ed all' insulto aggiunge la minaccia
Sicchè ad un tale spirito bizzarro
Non osa l' infelice alzar la faccia .
Del Campidoglio i mostri a voi non narro,
Caligola, Neron Domizio, e Varo,
Onde intento più in là l' occhio non sparro
Ridir le cose antiche il mio pensiero
Non è, ma solo il secolo presente
A me si affaccia minaccioso e fiero :
E veggio baldanzoso ed insolente
Renders' il ricco, il dotto, l' ignorante,
Il nobile, la plebe, il vil pezzente .
Vedi molesto, farsi ed arrogante
Quell' iroso dottor di medicina,
Che Ippocrate disprezza, e fassi amante
Della funeria mesta Libitina ;
Onde infelice chi v' incappa ! Spento
Egli cadrà la sera, o la mattina .
Veggio adirarsi ancora ogni momento
Quello di legge dottorello arguto,
Che si stropiccia sonnacchioso il mento .
Ei di Cuiacio polveroso e muto
Tiene il volume nello studio, e svolge
Lunghe memorie con un guardo acuto
Di tanto in tanto il guardo egli rivolge
Alle Pandette ; il Codice non cura
E del cliente suo poco si accorge,
Onde può fare al certo la sua ventura
Chi a lui si affida . La difesa è forte
Se un iracondo ne ritien la cura !
Ed è felice ancor di quei la sorte
Che ad iracondo giudice si affida
Alle sentenze od ignoranti o torte .
Egli si sdegna, e minaccioso sgrida,
E rischia i dritti d' innocente oppresso
Forse ai delirii di una mente infida
E ancor degli altri magistrati appresso
Dire vorrei gli errori ad uno ad uno
Se vengon d' ira molestati spesso .
Ma su le colpe lor mettiamo un bruno
Velo di oblio ; che forse ognun si emenda
Quando si accorge che non l' ode alcuno .
Ecco al mio sguardo ancor si offre tremenda
Ciurma di vili, ed iracondi spirti,
Che il mondo infetta di sua peste orrenda .
Vorrei più cose, alma iraconda, or dirti
Di quest' insani, e se parlar potrei,
Certo farei di tanti error stupirti .
Tu che fremendo, dei pensier più rei
Pasci la mente, e gonfio tien' il petto
D' ira, di sdegno, e di furor, chi sei ?
Un atomo tu sei, ombra, od insetto
Che sperde il vento, e fa tornar nel nulla
Donde il trasse di Dio l' alto intelletto .
A te che tutto sprezzi, entro la culla
Sorrise il niente, e l' accompagna bieco
Fino alla tomba, che ogni fasto annulla
Solo abitar dentro selvaggio speco,
Nido di belve, l' iracondo è degno,
Il suo furor portandone con seco .
Di un' alma vil soltanto è tristo segno
L' ira insensata ; che nel cor si accende
Dei Grandi sol magnanimo disdegno .
Della possanza imperial si offende
Il Guelfo, e freme il Ghibellino ardito,
Onde son l' ire delle sette orrende .
Vedi sdegnoso ancor morders' il dito
Quel forsennato di Lutero, e poi
Batter la guancia, dal furor tradito .
Taccio degli altri furibondi eroi,
Che mostran l' ira pur con modi strani,
E veggio altieri passeggiar fra noi
Sono di questi gl' intelletti vani,
Vile lo sdegno, e quindi giova dire :
" Andate via colà con gli altri cani !
Non atterrisce, no quel folle ardire,
Che voi mostrate in orgogliosi detti,
Che fan villana plebe in sè stupire
Sono iracondi assai quei giovanetti,
Che sol di donna seduttrice in seno
Tutti concentran gli amorosi affetti .
Allor che gelosia sparge il veleno
Nel cuor di questi, che non han mai pace,
L' ira non sente di ragione il freno
Onde alla Luna parlano, che tace,
Che dei delirii loro in sè si ride,
Quando li vede immersi nella brace .
E lo sfrenato giocatore uccide
L' ira che il cor gli strugge, allor che molto
Egli si fida delle carte infide .
Strilla bestemmia, e quasi avvien che stolto
Egli diventi ; chè fortuna ingrata
In altri luoghi ha suo favor rivolto .
Allorchè la sua moglie d' altri amata
Vede uno sposo, lo consuma l' ira,
Ma poi si placa se la vede ornata :
E gelosia sprezzando, egli sospira
Novellamente per l' infida : i pregi
Della bellezza sua stupido ammira .
Bontà non è che la memoria fregi
Di tanti vili, neghittosi, e tristi
Degni di oblio soltanto e di dispreggi .
Si adira il mercator ; perchè gli acquisti
Vengono meno della sua fortuna,
Di ladronecci e furberie frammisti .
Gira su l' onde, sue ricchezze aduna,
Infin che il soffio della sorte avversa
Poi le ritoglie, e sperde ad una ad una
L' ira del cacciator non è diversa
Quando per entro alla boscaglia insiegue
Libera belva dal timor dispersa
Ciurma di veltri, o di mastini siegue
Quella infelice : ed ei su l' orma incerta
Ansando forte il suo cammin prosiegue .
Oh la grand' ira della gente inerte !
L' ira di Bruto sembra, o di Gregorio
Anime grandi alle bell' opre esperta ?
Sembra lo sdegno dell' Eroe Sertorio,
Di Scevola, Camillo, e di quel dotto
Grande orator di Arpino, e di Vittorio ?
E' l' ira un mal, che il mondo ha già corrotto,
Onde di oblio si spandi eterno velo,
Dicendo a quei che n' hanno il cor sedotto :
Non isperate mai veder lo Cielo .
Ottima iniziativa!!!
RispondiEliminaComplimenti a Mariella che è straordinaria e... naturalmente all'autore
Felice giornata
Ciao Piero, ho rivoluzionato il mio blog... mi dai un parere per favore... è brutto... è complicato.
RispondiEliminaNon ho resistito alla tentazione.
Comunque ho salvato il vecchio modello e posso tornare indietro.
Felice giornata
@Zicin, grazie infinite,per i complimenti, in merito al tuo nuovo blog, non mi piace.. ma fai come ti senti, i pionieri non sempre all'inizio vengono compresi, affettuosamente,
RispondiEliminaPiero
wow, devo dire che questa è la poesia che preferisco tra tutte! Il ritmo va veloce, come se corresse dietro all'ira che monta: davvero un saggio di bravura dell'autore! I versi che più mi hanno colpita:
RispondiEliminaDi un' alma vil soltanto è tristo segno/L' ira insensata; che nel cor si accende/Dei Grandi sol magnanimo disdegno.
Buona giornata caro Piero
Magnifica, Piero!
RispondiElimina@TuristadiMestiere, grazie ma ancora non hai visto gli altri... peccati, si è veramente musicale,quasi.
RispondiElimina@Gianna, grazie l'aggettivo da te usato ci riempie di gioia, ancora grazie.
Tutti abbiamo attacchi d’ira. Anche i bambini li hanno, li chiamiamo capricci e li assecondiamo…..
RispondiEliminaE’ dalla quantità e qualità dei capricci che si potrebbe intuire il pre_carattere dell’individuo ma quasi sempre si addebitano tali atteggiamenti ad un “carattere forte” “sa già cosa vuole”!
In una persona equilibrata l’ira viene gestita in modo razionale e lasciata decantare, in una persona introversa, insicura, questa diventa un’arma per incutere paura e dominio, vendetta ed estrema giustizia o noncuranza del prossimo.
L’ira aggressiva, al contrario della passiva che lede principalmente il soggetto che la possiede, può degenerare in omicidio involontario o volontario. Involontario se immediato in una situazione di estrema tensione o sconsideratezza, volontario se essa cova e cresce nell’intimo .
L’ira viene definita peccato capitale dalla chiesa cristiana ma nella Bibbia si giustifica <> come “giustizia” contro il “male”…..
Buona notte, un abbraccio