28/11/11

L' INVIDIA 6° di Leonardo Mazza

Abbiamo voluto, viste le richieste, continuare a pubblicare i vizi capitali di Leonardo Mazza da Bocchigliero, questi ci auguriamo che presto vengano pubblicati insieme a tutta l'opera del Mazza, che riteniamo un personaggio che deve essere conosciuto.........e Oltre.
Buona lettura.

  L' Invidia

Qual ' orrida infernal Furia, che freme,
   Lividi gli occhi, e scarmigliato il crine
   Ed in sè stessa incrudelendo, geme :
Tale veggiam di triboli e spine :
   Su letto assisa Invidia, che soltanto
   Di bieca altri guardar perverso ha fine,
Ella gioisce allor che in lutto e pianto
   Vede la stirpe umana, e si rattrista
   Quando la vede immersa in gioia e canto .
Onde guardar nel bene altrui, la vista
   Tiene qual Argo, o Linge favolosa :
   Freme se onor grandezze altri acquista .
Chi è mai quegli, che torbida e rugosa
   Mostra la fronte, con sogghigno amaro
   La gira intorno cupa, e sospettosa ?
E' un invido peggior del tristo avaro,
   Che di sè stesso fattosi tiranno,
   Tiene degli altri il ben sempre a discaro .
Figlia nel Ciel del perfido Satanno
   Scese l 'invidia giù nel basso inferno,
   Donde al figiuol dell 'uom recò suo danno .
Bieca sul trono assiso ella il Superno
   Nume guatava, e di furore armata
   Balzar già lo volea dal soglio eterno.
Oh vana impresa ! Dal Signor scacciata
   Giù si travolge rotolando, e seco
   Porta la sua infernal rabbia spietata .
Sul Nifate la veggio assisa un bieco
   Sguardo fissare su la stirpe umana,
   E furibonda dire : Io sarò teco .
Quindi varcò la interminabil vana
   Region del Cielo, e l 'albero fatale
   Tocco restò dalla sua man profana .
Allor gigante su la terra il male
   Stese le braccie, e l 'inesperto Adamo
   Fece la stirpe sua trista e mortale .
Miseri noi ! Che circondati siamo
   Dai vizii di Satan, del male amico,
   A cui d 'impuro cor voti porgiamo .
Per lui, con volto pallido, impudico,
   Venne fra noi l 'invidia, e l 'uman cuore
   Tocco da lei si fè del ben nemico .
Quegli, che vive in mezzo allo splendore
   Di grandi onori, lacerar si sente
   In petto, e mostra in fronte il suo livore,
Quando i germogli di più bassa gente
   Vede inalzati ad onorato seggio .
   Dove non siede mai vile pezzente :
Solingo e malinconico lo veggio
   Morders' il labbro, ed aggrizzare il naso,
   Livido il volto, bieco il guardo, e peggio
Falso principio il cuore umano invaso
   Ha nel presente secolo corrotto,
   In cui spezzato è di Pandora il vaso :
E, che nel seggio degli onor condotto
   Sia quei soltanto, a cui di nobil schiatta
   Blù scorre il sangue, od ignorante o dotto .
E l 'altra gente, che a virtude è fatta,
   Languisca nel disprezzo, e nell 'oblio,
   Siccome belva, che vil fango imbratta .
Stolti che siete ! Stolto ancor desio
   Nutrite in cor, se avete la baldanza
   Credervi figli, oibò ! d 'un altro Dio .
Oh la patrizia, stupida jattanza !
   Credon che sia soltanto la grandezza
   Annessa dei natali all 'arroganza :
E l 'umil plebe, che il patrizio sprezza,
   Nata nel basso, vi si alligni, e mai
   Osi aspirar dei nobili all 'altezza .
Vana lusinga ! Son mutati assai
   Ora i costumi, i tempi, ed è patrizio
   Quei, che virtude non oblia giammai .
E' già sparito delle Coste il vizio ;
   Chè la virtù nobilita i plebei,
   E il nobile corrotto il fa novizio .
Veggiam perversi, invidiosi e rei,
   Quei grandi, che dell 'oro, dell 'argento
   Gl 'idoli han fatto, e gl 'insensati Dei :
Vogliono sempre in vergognoso stento
   Veder la plebe, nei sudori onesta,
   Acciò drizzi su loro il guardo intento .
Vogliono sempre timida, e modesta
   Vederla innanzi ad essa umiliata,
   Acciò non alzi l 'orgogliosa testa .
Sicchè se veggon di costei mutata
   Fortuna, che tramuta li ben vani,
   Paventa di costor l 'alma spietata .
Mutano spesso gli splendor mandani,
   Distribuendo egualmente la luce,
   Che rende sciocchi gl 'intelletti umani .
E' la Fortuna un 'incostante duce,
   Che or nei buoni, or negli avversi eventi
   Prende l 'uomo per mano, e lo conduce .
Quindi veggiamo i Grandi e gli opulenti,
   Oggi sedere nei gemmati scanni,
   E la dimane andar quali pezzenti :
E i poveri, che vivono tra gli affanni
   Di perigliose orribili fatiche,
   Mutano sorte col mutar degli anni .
Son tutte nell 'oblio le schiatte antiche,
   E di Marchesi, Principi, e Baroni,
   Su le torri veggiam nate le ortiche :
Onde di nuove stirpi ecco i Blasoni
   Ecco dal volgo uscir nuova ciurmaglia
   Di Prenci, e Cavalier senza speroni .
Ma che ? Del volgo la grandezza abbaglia,
   Onde i Potenti sprezzatore un riso
   Volgon sovr 'esso ; acciò alto non saglia .
Vedi ; quel vile si abbellisce il viso !
   Quegli si adorna di abiti galanti !
   Dicon tra loro con il cuor sonquiso .
Sicchè diventan perfidi e furfanti ;
   Mossi da invidia pazza, e gelosia,
   Fanno nel bivio, e trivio i petulanti .
E s 'impssess 'ancor questa manìa
   Dei dottorelli, od ignoranti, o vili,
   Che declamando van lungo la via .
Con motti ora insolenti, ed or gentili
   Van censurando i veri dotti, ond 'essi
   Sembrino dotti, e in osservar sottili .
Sono da invidi 'ancor vinti ed oppressi
   Regi, Ministri, sacerdoti, e frati,
   Che veggio incrudelir contro sè stessi .
Quei, che nel fango son vigliacchi nati,
   E nell 'obbrobrio vivono, incapaci
   D 'alti pensier, tal peste anco ha macchiati
Onde li veggio lividi e mordaci
   Biechi guardar nell 'altrui fortuna
   Ed insultando diventare audaci .
Molte la terra nel suo grembo aduna
   Di queste invidiose anime prave,
   Degne dell 'infernal cupa laguna
Per gl 'invidi maligni un carco grave
   E' il bene altrui, e sentono nel seno
   Pel male degli altri un giubilo soave .
Strugge d 'invidi 'ancor crudo veleno
   Quella modesta timida donzella,
   Che il fresco aspetto non ha bello appieno :
Bieca riguarda or questa donna, or quella,
   E dentro il petto si consuma e rode ;
   Perchè fra tutte, ahimè ! essa è men bella
Freme quell 'altra che seguir le mode
   Non puole, onde adornarsi, e la civetta
   Facendo, aver da mille amanti lode .
E dell 'invidia l'atra peste infetta
   Quell 'altra, che frequenta i confessori .
   Ed uno sposo da gran tempo aspetta,
Del talamo vicin sente gli odori,
   Ond 'ella geme, e si rattrista in petto ;
   Chè più felici son d 'altra gli amori .
Che più dico di un volgo maledetto ?
   Son gli invidi, misantropi cattivi,
   Che d 'odio infame il cor tengono infetti .
Contro sè stess 'incrudeliscon vivi,
   E dopo morte avran di Furie il morso :
   Onde lor giova udir : Di senno privi,
Il cane abbaia, e fa la luna il corso .

 



   

2 commenti:

  1. Ahaha! L'invidia...Buona giornata carissimi.

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  2. Disconosco questo sentimento...mi appago di contemplar la bellezza...
    sereno finire del giorno Amico Caro...un sorriso..
    dandelìon

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