Abbiamo voluto, viste le richieste, continuare a pubblicare i vizi capitali di Leonardo Mazza da Bocchigliero, questi ci auguriamo che presto vengano pubblicati insieme a tutta l'opera del Mazza, che riteniamo un personaggio che deve essere conosciuto.........e Oltre.
Buona lettura.
L' Invidia
Qual ' orrida infernal Furia, che freme,
Lividi gli occhi, e scarmigliato il crine
Ed in sè stessa incrudelendo, geme :
Tale veggiam di triboli e spine :
Su letto assisa Invidia, che soltanto
Di bieca altri guardar perverso ha fine,
Ella gioisce allor che in lutto e pianto
Vede la stirpe umana, e si rattrista
Quando la vede immersa in gioia e canto .
Onde guardar nel bene altrui, la vista
Tiene qual Argo, o Linge favolosa :
Freme se onor grandezze altri acquista .
Chi è mai quegli, che torbida e rugosa
Mostra la fronte, con sogghigno amaro
La gira intorno cupa, e sospettosa ?
E' un invido peggior del tristo avaro,
Che di sè stesso fattosi tiranno,
Tiene degli altri il ben sempre a discaro .
Figlia nel Ciel del perfido Satanno
Scese l 'invidia giù nel basso inferno,
Donde al figiuol dell 'uom recò suo danno .
Bieca sul trono assiso ella il Superno
Nume guatava, e di furore armata
Balzar già lo volea dal soglio eterno.
Oh vana impresa ! Dal Signor scacciata
Giù si travolge rotolando, e seco
Porta la sua infernal rabbia spietata .
Sul Nifate la veggio assisa un bieco
Sguardo fissare su la stirpe umana,
E furibonda dire : Io sarò teco .
Quindi varcò la interminabil vana
Region del Cielo, e l 'albero fatale
Tocco restò dalla sua man profana .
Allor gigante su la terra il male
Stese le braccie, e l 'inesperto Adamo
Fece la stirpe sua trista e mortale .
Miseri noi ! Che circondati siamo
Dai vizii di Satan, del male amico,
A cui d 'impuro cor voti porgiamo .
Per lui, con volto pallido, impudico,
Venne fra noi l 'invidia, e l 'uman cuore
Tocco da lei si fè del ben nemico .
Quegli, che vive in mezzo allo splendore
Di grandi onori, lacerar si sente
In petto, e mostra in fronte il suo livore,
Quando i germogli di più bassa gente
Vede inalzati ad onorato seggio .
Dove non siede mai vile pezzente :
Solingo e malinconico lo veggio
Morders' il labbro, ed aggrizzare il naso,
Livido il volto, bieco il guardo, e peggio
Falso principio il cuore umano invaso
Ha nel presente secolo corrotto,
In cui spezzato è di Pandora il vaso :
E, che nel seggio degli onor condotto
Sia quei soltanto, a cui di nobil schiatta
Blù scorre il sangue, od ignorante o dotto .
E l 'altra gente, che a virtude è fatta,
Languisca nel disprezzo, e nell 'oblio,
Siccome belva, che vil fango imbratta .
Stolti che siete ! Stolto ancor desio
Nutrite in cor, se avete la baldanza
Credervi figli, oibò ! d 'un altro Dio .
Oh la patrizia, stupida jattanza !
Credon che sia soltanto la grandezza
Annessa dei natali all 'arroganza :
E l 'umil plebe, che il patrizio sprezza,
Nata nel basso, vi si alligni, e mai
Osi aspirar dei nobili all 'altezza .
Vana lusinga ! Son mutati assai
Ora i costumi, i tempi, ed è patrizio
Quei, che virtude non oblia giammai .
E' già sparito delle Coste il vizio ;
Chè la virtù nobilita i plebei,
E il nobile corrotto il fa novizio .
Veggiam perversi, invidiosi e rei,
Quei grandi, che dell 'oro, dell 'argento
Gl 'idoli han fatto, e gl 'insensati Dei :
Vogliono sempre in vergognoso stento
Veder la plebe, nei sudori onesta,
Acciò drizzi su loro il guardo intento .
Vogliono sempre timida, e modesta
Vederla innanzi ad essa umiliata,
Acciò non alzi l 'orgogliosa testa .
Sicchè se veggon di costei mutata
Fortuna, che tramuta li ben vani,
Paventa di costor l 'alma spietata .
Mutano spesso gli splendor mandani,
Distribuendo egualmente la luce,
Che rende sciocchi gl 'intelletti umani .
E' la Fortuna un 'incostante duce,
Che or nei buoni, or negli avversi eventi
Prende l 'uomo per mano, e lo conduce .
Quindi veggiamo i Grandi e gli opulenti,
Oggi sedere nei gemmati scanni,
E la dimane andar quali pezzenti :
E i poveri, che vivono tra gli affanni
Di perigliose orribili fatiche,
Mutano sorte col mutar degli anni .
Son tutte nell 'oblio le schiatte antiche,
E di Marchesi, Principi, e Baroni,
Su le torri veggiam nate le ortiche :
Onde di nuove stirpi ecco i Blasoni
Ecco dal volgo uscir nuova ciurmaglia
Di Prenci, e Cavalier senza speroni .
Ma che ? Del volgo la grandezza abbaglia,
Onde i Potenti sprezzatore un riso
Volgon sovr 'esso ; acciò alto non saglia .
Vedi ; quel vile si abbellisce il viso !
Quegli si adorna di abiti galanti !
Dicon tra loro con il cuor sonquiso .
Sicchè diventan perfidi e furfanti ;
Mossi da invidia pazza, e gelosia,
Fanno nel bivio, e trivio i petulanti .
E s 'impssess 'ancor questa manìa
Dei dottorelli, od ignoranti, o vili,
Che declamando van lungo la via .
Con motti ora insolenti, ed or gentili
Van censurando i veri dotti, ond 'essi
Sembrino dotti, e in osservar sottili .
Sono da invidi 'ancor vinti ed oppressi
Regi, Ministri, sacerdoti, e frati,
Che veggio incrudelir contro sè stessi .
Quei, che nel fango son vigliacchi nati,
E nell 'obbrobrio vivono, incapaci
D 'alti pensier, tal peste anco ha macchiati
Onde li veggio lividi e mordaci
Biechi guardar nell 'altrui fortuna
Ed insultando diventare audaci .
Molte la terra nel suo grembo aduna
Di queste invidiose anime prave,
Degne dell 'infernal cupa laguna
Per gl 'invidi maligni un carco grave
E' il bene altrui, e sentono nel seno
Pel male degli altri un giubilo soave .
Strugge d 'invidi 'ancor crudo veleno
Quella modesta timida donzella,
Che il fresco aspetto non ha bello appieno :
Bieca riguarda or questa donna, or quella,
E dentro il petto si consuma e rode ;
Perchè fra tutte, ahimè ! essa è men bella
Freme quell 'altra che seguir le mode
Non puole, onde adornarsi, e la civetta
Facendo, aver da mille amanti lode .
E dell 'invidia l'atra peste infetta
Quell 'altra, che frequenta i confessori .
Ed uno sposo da gran tempo aspetta,
Del talamo vicin sente gli odori,
Ond 'ella geme, e si rattrista in petto ;
Chè più felici son d 'altra gli amori .
Che più dico di un volgo maledetto ?
Son gli invidi, misantropi cattivi,
Che d 'odio infame il cor tengono infetti .
Contro sè stess 'incrudeliscon vivi,
E dopo morte avran di Furie il morso :
Onde lor giova udir : Di senno privi,
Il cane abbaia, e fa la luna il corso .
Buona lettura.
L' Invidia
Qual ' orrida infernal Furia, che freme,
Lividi gli occhi, e scarmigliato il crine
Ed in sè stessa incrudelendo, geme :
Tale veggiam di triboli e spine :
Su letto assisa Invidia, che soltanto
Di bieca altri guardar perverso ha fine,
Ella gioisce allor che in lutto e pianto
Vede la stirpe umana, e si rattrista
Quando la vede immersa in gioia e canto .
Onde guardar nel bene altrui, la vista
Tiene qual Argo, o Linge favolosa :
Freme se onor grandezze altri acquista .
Chi è mai quegli, che torbida e rugosa
Mostra la fronte, con sogghigno amaro
La gira intorno cupa, e sospettosa ?
E' un invido peggior del tristo avaro,
Che di sè stesso fattosi tiranno,
Tiene degli altri il ben sempre a discaro .
Figlia nel Ciel del perfido Satanno
Scese l 'invidia giù nel basso inferno,
Donde al figiuol dell 'uom recò suo danno .
Bieca sul trono assiso ella il Superno
Nume guatava, e di furore armata
Balzar già lo volea dal soglio eterno.
Oh vana impresa ! Dal Signor scacciata
Giù si travolge rotolando, e seco
Porta la sua infernal rabbia spietata .
Sul Nifate la veggio assisa un bieco
Sguardo fissare su la stirpe umana,
E furibonda dire : Io sarò teco .
Quindi varcò la interminabil vana
Region del Cielo, e l 'albero fatale
Tocco restò dalla sua man profana .
Allor gigante su la terra il male
Stese le braccie, e l 'inesperto Adamo
Fece la stirpe sua trista e mortale .
Miseri noi ! Che circondati siamo
Dai vizii di Satan, del male amico,
A cui d 'impuro cor voti porgiamo .
Per lui, con volto pallido, impudico,
Venne fra noi l 'invidia, e l 'uman cuore
Tocco da lei si fè del ben nemico .
Quegli, che vive in mezzo allo splendore
Di grandi onori, lacerar si sente
In petto, e mostra in fronte il suo livore,
Quando i germogli di più bassa gente
Vede inalzati ad onorato seggio .
Dove non siede mai vile pezzente :
Solingo e malinconico lo veggio
Morders' il labbro, ed aggrizzare il naso,
Livido il volto, bieco il guardo, e peggio
Falso principio il cuore umano invaso
Ha nel presente secolo corrotto,
In cui spezzato è di Pandora il vaso :
E, che nel seggio degli onor condotto
Sia quei soltanto, a cui di nobil schiatta
Blù scorre il sangue, od ignorante o dotto .
E l 'altra gente, che a virtude è fatta,
Languisca nel disprezzo, e nell 'oblio,
Siccome belva, che vil fango imbratta .
Stolti che siete ! Stolto ancor desio
Nutrite in cor, se avete la baldanza
Credervi figli, oibò ! d 'un altro Dio .
Oh la patrizia, stupida jattanza !
Credon che sia soltanto la grandezza
Annessa dei natali all 'arroganza :
E l 'umil plebe, che il patrizio sprezza,
Nata nel basso, vi si alligni, e mai
Osi aspirar dei nobili all 'altezza .
Vana lusinga ! Son mutati assai
Ora i costumi, i tempi, ed è patrizio
Quei, che virtude non oblia giammai .
E' già sparito delle Coste il vizio ;
Chè la virtù nobilita i plebei,
E il nobile corrotto il fa novizio .
Veggiam perversi, invidiosi e rei,
Quei grandi, che dell 'oro, dell 'argento
Gl 'idoli han fatto, e gl 'insensati Dei :
Vogliono sempre in vergognoso stento
Veder la plebe, nei sudori onesta,
Acciò drizzi su loro il guardo intento .
Vogliono sempre timida, e modesta
Vederla innanzi ad essa umiliata,
Acciò non alzi l 'orgogliosa testa .
Sicchè se veggon di costei mutata
Fortuna, che tramuta li ben vani,
Paventa di costor l 'alma spietata .
Mutano spesso gli splendor mandani,
Distribuendo egualmente la luce,
Che rende sciocchi gl 'intelletti umani .
E' la Fortuna un 'incostante duce,
Che or nei buoni, or negli avversi eventi
Prende l 'uomo per mano, e lo conduce .
Quindi veggiamo i Grandi e gli opulenti,
Oggi sedere nei gemmati scanni,
E la dimane andar quali pezzenti :
E i poveri, che vivono tra gli affanni
Di perigliose orribili fatiche,
Mutano sorte col mutar degli anni .
Son tutte nell 'oblio le schiatte antiche,
E di Marchesi, Principi, e Baroni,
Su le torri veggiam nate le ortiche :
Onde di nuove stirpi ecco i Blasoni
Ecco dal volgo uscir nuova ciurmaglia
Di Prenci, e Cavalier senza speroni .
Ma che ? Del volgo la grandezza abbaglia,
Onde i Potenti sprezzatore un riso
Volgon sovr 'esso ; acciò alto non saglia .
Vedi ; quel vile si abbellisce il viso !
Quegli si adorna di abiti galanti !
Dicon tra loro con il cuor sonquiso .
Sicchè diventan perfidi e furfanti ;
Mossi da invidia pazza, e gelosia,
Fanno nel bivio, e trivio i petulanti .
E s 'impssess 'ancor questa manìa
Dei dottorelli, od ignoranti, o vili,
Che declamando van lungo la via .
Con motti ora insolenti, ed or gentili
Van censurando i veri dotti, ond 'essi
Sembrino dotti, e in osservar sottili .
Sono da invidi 'ancor vinti ed oppressi
Regi, Ministri, sacerdoti, e frati,
Che veggio incrudelir contro sè stessi .
Quei, che nel fango son vigliacchi nati,
E nell 'obbrobrio vivono, incapaci
D 'alti pensier, tal peste anco ha macchiati
Onde li veggio lividi e mordaci
Biechi guardar nell 'altrui fortuna
Ed insultando diventare audaci .
Molte la terra nel suo grembo aduna
Di queste invidiose anime prave,
Degne dell 'infernal cupa laguna
Per gl 'invidi maligni un carco grave
E' il bene altrui, e sentono nel seno
Pel male degli altri un giubilo soave .
Strugge d 'invidi 'ancor crudo veleno
Quella modesta timida donzella,
Che il fresco aspetto non ha bello appieno :
Bieca riguarda or questa donna, or quella,
E dentro il petto si consuma e rode ;
Perchè fra tutte, ahimè ! essa è men bella
Freme quell 'altra che seguir le mode
Non puole, onde adornarsi, e la civetta
Facendo, aver da mille amanti lode .
E dell 'invidia l'atra peste infetta
Quell 'altra, che frequenta i confessori .
Ed uno sposo da gran tempo aspetta,
Del talamo vicin sente gli odori,
Ond 'ella geme, e si rattrista in petto ;
Chè più felici son d 'altra gli amori .
Che più dico di un volgo maledetto ?
Son gli invidi, misantropi cattivi,
Che d 'odio infame il cor tengono infetti .
Contro sè stess 'incrudeliscon vivi,
E dopo morte avran di Furie il morso :
Onde lor giova udir : Di senno privi,
Ahaha! L'invidia...Buona giornata carissimi.
RispondiEliminaDisconosco questo sentimento...mi appago di contemplar la bellezza...
RispondiEliminasereno finire del giorno Amico Caro...un sorriso..
dandelìon